giovedì 18 dicembre 2014

E' colpevole. L'hanno detto al Talk Show!





Torquemada le streghe le faceva bruciare in piazza affinchè tutti vedessero.
Poco importa che le confessioni di migliaia di sventurate fossero state estorte, nell’oscurità,  con la tortura. L’esibizione pubblica della punizione illuminava il raggiungimento del fine: l’esempio!
Passa qualche secolo e le streghe bruciano ancora.
E le confessioni si perseguono nel segreto con la negazione del diritto di difesa, alla ricerca di una punizione esemplare da esibire.
Il 15 dicembre scorso è entrato in vigore il Nuovo Codice Deontologico degli Avvocati italiani.
L’art. 18 ci fa divieto di violare in qualsiasi modo e maniera il segreto di indagine. Oltre al reato, già esistente, si aggiunge ora una regola deontologica chiarissima. C’è anche da dire che noi avvocati, solitamente, siamo tra gli ultimi ad avere a disposizione gli atti di indagine. Deve pur esserci una maglia allargata da qualche altra parte se è vero che all’indomani dell’esecuzione di un provvedimento cautelare gli atti di indagine a sostegno compaiono integralmente in  rete.
Si persegue il responsabile? Non sia mai! Mai accaduto!
Ed è così che dalla TV , già in prima serata, gli italiani possono conoscere in un profluvio di fotocopie inquadrate dalle telecamere, l’intercettazione di Tizio o l’interrogatorio di Caio.
Tutto viene debitamente esaltato dall’inquadratura ad effetto  ed un frammento procedurale diventa all’istante “verità e sentenza passata in giudicato”.
E’ un’orgia mediatica dove, senza esclusione di colpi, lo scoop è il valore da perseguire, il trofeo da conquistare.
Una volta che il gioco parte, non lo si può più fermare e tutto funziona “al rialzo”.
L’indagata da bambina non frequentava il catechismo? Brutto segno! Cresciuta un pochino cominciò a tatuarsi? Chiaro sintomo di colpevolezza futura!  La foto su facebook la ritrae bizzarra mentre fa linguacce? E’ si-cu-ra-men-te colpevole!
L’ordalia ha inizio con la compartecipazione di tutto il circo dei piccoli orrori.
Criminologi, esperti vari in attività o in pensione, studiosi della mente e qualche cattedratico astrologo chè non guasta mai.
Venghino, signori al Processo! Tendenzialmente sempre contro l’indagato di turno.  A fine serata siamo già pronti a scegliere la condanna, le eventuali attenuanti (molto eventuali..) e la pena da infliggere.
Certo pretendere che la “logica dello share” a tutti i costi possa fermarsi è illusorio ma l’elaborazione di un codice etico, condiviso almeno tra gli addetti ai lavori (magistrati,avvocati,periti,consulenti), potrebbe essere un buon inizio.
E se lavorassimo tutti insieme per conquistare e promuovere questo principio minimo di civiltà?
L’invito è fatto!



Francesco Antonio Maisano

    penalista in Bologna

giovedì 11 dicembre 2014

Non abbandonate quella donna!


Personalmente mi auguro he Veronica Panarello sia innocente. 
Il figlicidio è una tragedia anche per chi lo provoca, ed una sconfitta per noi tutti.
Se chi ti deve dare protezione per diritto di natura ti toglie la vita, è come se il mondo si fermasse e cominciasse a ruotare all’incontrario.
Preferisco immaginarla innocente fino a quando una sentenza definitiva non affermi, purtroppo, il contrario.
In ogni caso le devono essere assicurati i diritti di garanzia che la nostra Costituzione prevede.
Non è la gravità del reato che si suppone sia stato commesso a dover commisurare in qualche modo il nostro diritto di difesa. Esso è assoluto! Imprescindibile!
Con questa donna sono state violate le più elementari garanzie procedurali. L’hanno ascoltata per una notta intera come testimone dell’omicidio del figlio, eppure in quel momento indagavano su di lei.
Una violazione gravissima e ingiustificabile.
Se indaghi contro di me io devo potermi difendere sin dall’inizio, magari scegliendo di non rispondere ed avendo accanto a me un Avvocato.
Questo non è stato consentito a Veronica Panarello, ed è un’ ingiustizia grande che l’ha colpita nel silenzio di molti che avrebbero ,invece, dovuto denunciarla.
Ma se Veronica Panarello ha ucciso suo figlio non per questo deve essere gettata tra i rifiuti come fosse merce di scarto.
Nel passato di questa ragazzina ci sono il disagio, la malattia, la sofferenza.
Tentativi di suicidio, accuse verso altri rivelatesi infondate, tutte manifestazioni di una sofferenza che può disegnare una patologia.
Ritengo imprescindibile un intervento immediato di supporto da parte di uno specialista psichiatra. Si è colpevoli di quanto si fa solo se si ha consapevolezza e volontà. Capacità di rappresentarsi scientemente quanto poi le nostre mani eseguiranno, e volerlo in piena libertà e determinazione.
Spero che Veronica Panarello abbia un giusto processo.
Fino ad ora ha subito un Ingiusta Procedura nel silenzio di molti.
Ma se neghiamo a Veronica Panarello i suoi diritti e ,non ultimo, la pietà, domani dovremo essere pronti a negare diritti e pietà anche ad altri, a noi, a tutti!
Siamo pronti per questo? Siamo disponibili a questo? 
Francesco Antonio Maisano

lunedì 15 settembre 2014

Buonanotte,Eccellenza! O della separazione delle carriere..(fam)




PM:                         Ciao,Eccellenza!
Giudice:                  Chi è lei??
PM:                         Mi dai del Lei?
Giudice:                  Non la conosco!
PM:                         Oh! mi conosci fin troppo bene.. sono te!
Giudice:                  Sei me?
PM:                         Ero te!
Giudice:                  E quando?
PM:                         Prima…
Giudice:                  Ssst! potrebbero sentirci..
PM:                         Non ci sente nessuno, non c’è nessuno…siamo soli.
Giudice:                  Cosa vuoi da me? Adesso io..insomma, lo sai, sono diverso…
PM:                         Ahahahah ti prego,risparmiati questa storia assurda. Tu sei me. Io sono te! E’ inevitabile.
Giudice:                  Ma è passato molto tempo, ormai io giudico..
PM:                         Certo tu giudichi! Ma non dirmi che sei cambiato…ogni tanto ti leggo.. sei arrivato in alto.
Giudice:                  Davvero mi leggi?
PM:                         Si, ed è sempre un piacere!
Giudice:                  Mi lusinghi…
PM:                         Io sono te! Non dimenticarlo.
Giudice:                  Sicuro che non ci sente nessuno?
PM:                         Tranquillo. Nessuno. E nessuno può sospettare. La tua indipendenza è ……insospettabile!
Giudice:                 Questo è vero!
PM:                        Sono contento che non hai dimenticato le nostre chiacchierate, le nostre riflessioni, le nostre idee..
Giudice:                 Dici?
Pm:                        Ti leggo!
Giudice:                 Si vede così tanto?
PM:                        No, sei bravo! Ma il fatto è che io sono te e tu sei me… Come potresti ingannarmi?
Giudice:                 Già!
PM:                        Già!
Giudice:                 Verrai ancora a trovarmi?
PM:                        Tutte le volte che vuoi! Tutte le volte che ce ne sarà bisogno..
Giudice:                 Bene! Ora non fare rumore quando esci…sii prudente!
PM:                        Lo sarò. Buona notte Eccellenza,

Giudice :                Buona notte!

giovedì 11 settembre 2014

Note a margine del processo Pistorius.


Thokozile Masipa è giudice dell’Alta Corte di Giustizia del Sud Africa. Donna e di colore. Nata a Soweto,conosce fin troppo bene l’Apartheid. Nelson Mandela l’ha prescelta personalmente per l’alto incarico.
Da mesi è il Giudice di uno dei processi a più alto tasso mediatico: l’omicidio premeditato di una giovane donna. Imputato del delitto il fidanzato, Oscar Pistorius.
Thokozile Masipa ha iniziato a leggere, oggi, il lungo verdetto motivato.
Di sicuro Oscar Pistorius  è stato giudicato non colpevole (not guilty) per il capo d’imputazione principale: omicidio premeditato. Forse,domani, giungerà la condanna per omicidio colposo, ipotesi ovviamente graduata e ben diversa da quanto l’accusa sperava. La pena potrebbe essere tra i 5 e i 10 anni. Difficilmente toccherà il massimo di 15 anni.
Una vittoria indiscutibile per la difesa sostenuta dall’eccellente avvocato Barry Roux.
Possiamo però sin da ora riflettere su alcuni dati:
Il Giudice Masipa nella lettura del verdetto ha via via escluso alcuni punti che costituivano, invece, i capisaldi dell’accusa. Spaziando dal dolo eventuale all’aberratio ictus, con una lezione di Diritto penale davvero meticolosa e convincente , ha finito per affermare che “l’accusa non ha fornito prove convincenti per affermare l’esistenza di una volontà di uccidere”.
Già, perché secondo principio di civiltà deve essere l’accusa a fornire tale prova, in difetto l’imputato non può essere condannato e la difesa vince.
Il Giudice non può “puntellare” il lavoro dell’Accusa.
Vige un sistema secondo il quale il Giudice è realmente terzo ed equidistante dagli avvocati di accusa e difesa. Imparziale. Osserva,partecipa silenzioso (salvo vigilare sulla correttezza dell’operato delle parti) e poi trae le sue conclusioni motivandole.
Questa sua “alterità” rispetto ai “contendenti” non è nemmeno messa in discussione tanto è acquisita al patrimonio del processo tipicamente accusatorio.
Insomma, non troverete mai un giudice Masipa nelle aule di Giustizia italiane. Né Thokozile Masipa si sognerebbe di venir mai in Italia a fare il giudice!
In Italia il Giudice fa la stessa carriera dell’accusatore. In Italia il Giudice è a sua volta giudicato da un organo di auto-governo dove può sedere chi ,di mestiere, fa l’accusatore. Insomma una cosa innaturale per le abitudini del giudice Masipa!
Quando, giovani avvocati, salutammo l’avvento del nuovo codice di procedura penale ci immaginammo qualcosa di simile a quanto accade nei processi di tipo accusatorio (l’accusa e la difesa hanno pari potere davanti al giudice che decide in autonomia).
Illusi! Non facevamo i conti con questa “consanguineità ideologica” tra Giudice e Accusatore. Il risultato è un processo che pure ispirato ,ora, costituzionalmente alla “parità della armi” continua ad essere sostanzialmente condizionato da questa “consanguineità ideologica” tra chi accusa e chi decide. Spesso, il Giudice supplisce alle carenze dell’accusa. Il risultato è che il processo viene sottratto alle parti e diventa il processo del Giudice. O del Giudice che supplisce alle lacune dell’accusatore.
Chiunque, in questo Paese, debitamente informato del nostro sistema processuale penale lo respingerebbe come ingiusto già da queste considerazioni basilari.
Forse la colpa è di noi giuristi che non siamo riusciti a far capire , alla gente comune, questa dicotomia di fondo: il giudice che deve essere imparziale appartiene allo stesso genus dell’accusatore. Infatti, chi mai potrebbe accettare la giustezza di tale soluzione?
Nella speranza che un giorno anche il nostro sistema processuale acquisisca i rudimenti minimali che connotano un processo “giusto ed equo”  limitiamoci a vederlo realizzato in casa d’altri.  Ad esempio in Sud Africa, da una Giudice donna e di colore per la quale è naturale essere “terza ed imparziale” in un processo realmente accusatorio.

 avv.Francesco Antonio Maisano

venerdì 18 aprile 2014

La Croce sulle Spalle





racconto breve
  Francesco Antonio Maisano











Seguo mio padre. 
I suoi passi davanti ai miei. 
La polvere sollevata dai suoi calzari è il segno che Gerusalemme si avvicina. 
Ancora un anno senza pioggia. I campi soffrono e tra qualche mese dovremo seminare ed attendere,come sempre.
Il mio nome è Alessandro. Ho un fratello, Rufo, che oggi non è con me. Di solito accompagniamo nostro padre Simone, ogni mattina, nell'appezzamento di terra che la nostra famiglia possiede a cinque miglia dalle mura esterne della città. E’ una terra che ci dà da vivere. E’ tutto ciò che abbiamo.

I Romani ci chiedono sempre nuove tasse.
Ponzio Pilato, il procuratore, anche quest’anno ha lasciato Cesarea per venire a Gerusalemme.  
La città è piena di soldati e stamattina quando siamo partiti, di buon’ora, ci hanno controllato due volte. Frugano dappertutto. Temono che nascondiamo armi come fanno gli zeloti che ,mischiandosi tra la folla, attentano alla vita dei legionari colpendoli di sorpresa con i loro corti pugnali.
Noi non combattiamo nessuno. Ma guardiamo il cielo in attesa che dalle rare nuvole possa piovere acqua, e salvare quel poco che abbiamo.

La Fortezza Antonia domina Gerusalemme.
Le insegne della Legione chiazzano di rosso l’orizzonte.

2


             Mio padre si ferma ad aspettarmi e mi poggia il suo braccio sulla spalla.
All’ingresso in città ci sono persone sedute sul muretto di cinta prima della Porta a nord-ovest.
Ci fermiamo anche noi a guardare.
Un drappello di soldati sta conducendo tre condannati a morte. Mi faccio largo tra la gente per vedere.
Camminano lentamente e in silenzio. Nudi. Sulle spalle portano la trave nella quale gli verranno inchiodati i polsi quando saranno crocifissi. 
I primi due li posso già vedere. Sembrano zeloti. Il terzo arranca sofferente, più debole degli altri e perde sangue dalle tante ferite aperte. 
Barcolla. Cade.
E’ a terra. Non credo ce la faccia ad alzarsi. Un soldato lo colpisce con un calcio sul fianco. Lui non reagisce. Un altro calcio.
Mi stringo a mio padre che guarda in silenzio. Tutta la gente è  in silenzio e il colpo secco del terzo calcio rimbomba nell’aria. 
Chi comanda il drappello si spazientisce. Guarda verso di noi. Fa segno verso di noi. Mi stringo sempre più a mio padre. E’ sudato.
L’ufficiale romano,con la sua spada, indica a mio padre di avvicinarsi.
L’uomo a terra non accenna a muoversi. Gli sfilano le corde dal legno e lo liberano dal peso che lo costringe a faccia in giù. Fanno cenno a mio padre di caricarsi la trave. Nessuno si cura della mia presenza. Io non esisto.

                    Se la nostra meta finale è il terrapieno del Golgota c’è ancora almeno un miglio da percorrere. 
Mio padre si sistema il legno sulle spalle e inizia a camminare.
Il condannato,nel frattempo,è stato rialzato di peso dai soldati .Ora barcolla a pochi metri da me.
E’ un uomo alto quanto mio padre,magro,pieno di sangue dappertutto. Mi sforzo di guardarlo in faccia per non vedere la sua nudità. Mi imbarazza,molto più del sangue e delle ferite che ha su tutto il corpo.
Ha i capelli lunghi e sulla testa gli hanno intrecciato dei rami spinosi come una corona. Le spine affondano sulla fronte e la feriscono. E’ una maschera di sangue.
Sono tra lui e mio padre.
L’uomo mi guarda di sfuggita. Posso appena vedere i suoi occhi velati. Non ne scorgo il colore tra il sangue.
Camminiamo lentamente. Io subito dietro mio padre. L’uomo è ora a pochi passi da me. Cerca un sostegno, barcolla. Mi guarda e vedo le sue labbra socchiudersi ma non capisco.
Cade.
E’ a terra ancora. 
Mio padre si ferma. 
Il soldato grosso, quello che prima aveva preso a calci il condannato, lo tira ora per i capelli. Cerca di farlo rialzare. Lo trascina per la strada. C’è sangue, sangue dappertutto. Ne sento l’odore dolciastro, forte, nauseante.
La gente guarda, si accalca da ambo i lati dello sterrato. Alcuni gridano, altri ridono forte additando lo sventurato Non c’è pietà nemmeno davanti a tanta sofferenza.
Mio padre mi chiama a gesti, mi fa segno di andare via.
Non voglio tornare a casa! Non voglio lasciarlo da solo!
Il condannato è ora in piedi, incespica, non trova alcun appoggio. Barcolla come un ubriaco, si guarda attorno, cerca qualcuno o qualcosa. 
Ora è più vicino a me. Riprende ad avanzare un passo dietro l’altro. Vorrei poterlo aiutare. Guardo le sue carni martoriate; il suo corpo è attraversato da sussulti continui. 
Anche mio padre ha ripreso ad andare avanti sotto il peso della trave che porta sulle spalle.
Il sole è forte. Non c’è un alito di vento. Neanche una nuvola in cielo. 
Cos’ha fatto quest’uomo che spinge il suo terribile dolore a pochi passi da me? Ci ha ucciso? Forse è uno zelota, un rivoluzionario. Uno che combatte i romani, illudendosi di poterci liberare dalla loro dominazione, dalla loro prepotenza. 
Una donna grida e si strappa i capelli ,  disperata.
Un’altra corre rapida verso di noi e prima che un soldato possa fermarla, gettandola a terra, riesce per un attimo a detergere il viso del condannato con un lino.
Ora posso vederlo! Gli occhi socchiusi, il viso stanco, la gola che cerca l’aria con affanno. Si guarda attorno muovendo il collo lentamente. Sembra cercare qualcuno tra la folla. Qualcuno che non c’è o si nasconde per non vedere o non essere visto.
Nel cielo un corvo gracchia e vola altrove.
Barcolla ciò che resta dell’uomo e poi cade ancora.

“Acqua” “Acqua” questo sillabano le labbra spaccate dai colpi di bastone.
Io non posso più guardare altrove. 
La piccola otre di pelle di capra che pende dalla mia cintura è già sganciata ed io sono accanto a lui prima che il corvo ripassi sopra di noi. E lui può bagnarsi le labbra ferite e guardarmi, e dirmi: “ancora!”. I soldati mi lasciano fare, non intervengono. Uno di loro si limita a frustare l’aria davanti a sé.
Mi passo il suo braccio sinistro sulla spalla e lo aiuto a rialzarsi. Si appoggia a me ed ora è in piedi, curvo,tremante. Sento la sua mano abbandonata sul mio braccio. E il sangue mi inzuppa la veste.

Camminiamo lentamente. I soldati accettano quanto sto facendo.  Forse è il modo più semplice per non perdere altro tempo.
Seguo mio padre. Ho la testa bassa per il peso e posso solo guardare i suoi calcagni. 
Stavamo tornando a casa dai campi e invece adesso uno porta la croce ed io accompagno il condannato a morirci sopra. Senza sapere nemmeno cos’ha commesso e perché va a morire. Vorrei essere altrove. Dappertutto, ma non qui. E vorrei essere con mio padre, con Rufo e con mia madre che ci starà aspettando per preparare la Pasqua. 


Faccio attenzione a non pungermi con le spine che hanno intrecciato sulla sua testa. Spine che sono conficcate lungo tutta la fronte. Mi chiedo come possa resistere a tanta sofferenza. 
Ora si appoggia interamente su di me. Non riesco a trattenerlo. Cerco di aiutarlo a non cadere ma è pesante.
E cade ancora.
Per la terza volta.
Le mosche attratte dal sangue non ci danno tregua. Cerco di caricarmelo addosso ma non mi aiuta. Ed è tutto così difficile, così difficile.
Anche il corteo si è fermato. Mio padre appoggia la trave di legno a terra per riposarsi. I romani bevono vino da una fiaschetta che si passano l'un altro e ridono raccontandosi qualcosa che non capisco.
Non credo che quanto resta di quest'uomo potrà sopravvivere ancora per molto. I suoi respiri sono accelerati,lo sguardo spento, le labbra tremano convulse.
Mio padre si avvicina e aiuta l'uomo a rialzarsi , col braccio libero lo cinge a sè. Iniziano a camminare. 
Rimango fermo e il corteo mi oltrepassa e prosegue verso il terrapieno appena al di fuori dalle mura della città. 
Ed io resto solo,coperto di sangue. Il sangue di chi nemmeno conosco.


Issano le croci.
Mio padre è tornato qui, dove sono rimasto ad aspettarlo.
La distanza che c’è ora tra noi e quelle croci mi conforta.
I lamenti dei crocifissi non giungono fino a qui, posso solo immaginarli.
“Che hanno fatto,padre?”
Non mi risponde.
La croce dell’uomo a cui ho dato da bere è stata posta al centro.
Sotto di lui, i soldati,stanno seduti e discutono animatamente.
Il vento ha preso a soffiare forte e la sabbia ci ferisce il volto. Mi riparo per come posso. Il sole si vela. Sterpaglie rotolano lungo il pendio del terrapieno. Faccio fatica a seguire quanto accade.
Un grido di morte arriva portato dal vento.
Un grido indefinito.
Lontano.
Ci uniamo agli altri e iniziamo ad abbandonare le mura esterne della città.
Non c’è più niente da vedere se non la morte di chi nemmeno conosciamo.
Mio padre mi precede nel cammino verso casa.
Mi volto a guardare le croci che si allontanano ad ogni mio passo.
E il vento rinforza le sue sferzate.
Il sangue dell’uomo, sulla mia veste, si è rinsecchito.
Mi giro per guardarlo ancora ma non vedo più nulla.
La sabbia portata dal vento riempie tutto l’orizzonte ed anche il sole, ora, non spande più i suoi raggi e il suo calore.


(fine)













Nota:
http://it.cathopedia.org/wiki/Simone_di_Cirene

Nel 1941 furono ritrovati nella zona del Cedron, a Gerusalemme, alcuni ossari. 
Uno reca l’iscrizione “Alessandro figlio di Simone”.
La comunità archeologica è ormai concorde nel ritenere che sia la tomba di Alessandro, figlio di Simone di Cirene.
Il vangelo di Marco così recita:
Mc 15,21 “Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.”

Ho sempre considerato questo ritrovamento una delle prove più convincenti della storicità dei Vangeli.

martedì 8 aprile 2014

In morte di un Innocente !

Quando iniziai la pratica professionale, tanti anni fa, sperimentai la massima sconfitta per un difensore: l'assistito di cui segui la vicenda decide di finire anzitempo la sua battaglia. Appende una corda a un'inferriata in carcere e dice addio ad ogni cosa, Nel modo più violento sia dato conoscere. Oggi, tanti anni dopo, rivivo la stessa angoscia per un uomo innocente che di una falsa,terribile, accusa è morto. Un tumore l'ha stroncato a 54 anni. Un male nato dall'angoscia, dalla sofferenza profonda. Non mi rispondeva più al telefono ed io dovevo comunicargli che finalmente iniziava la battaglia, che saremmo andati in aula il 10 aprile. Non poteva rispondermi. Quel messaggio di "numero inesistente" mi aveva messo i brividi. Poi la scoperta terribile. Mi piace pensare di aver fatto tutto il possibile nella fase dell'investigazione difensiva. MI piace pensare che ero pronto a lottare per la sua innocenza senza esclusione di colpi. Ma è una battaglia che non ci sarà più. Ma ho una certezza: dove si trova adesso la Vittoria è già con lui, perché era un uomo Innocente! Lo è sempre stato. Riposa in pace,amico mio.

domenica 23 febbraio 2014

L'insostituibile funzione del Penalista (fam)

L'avvocato penalista non difende il reato! Difende il diritto di ogni essere umano ad un giusto processo. Senza un difensore competente,coraggioso,libero,determinato, il processo sarebbe una farsa! E la "civiltà del diritto" diventerebbe barbarie!

(fam)

martedì 11 febbraio 2014

Lettera a un avvocato di Cagliari.




Caro amico ti scrivo, così smetto di distrarmi e mi concentro su quello che stai facendo, tu ed altri colleghi della tua Terra.
Da quando siete partiti con la vostra battaglia la novità è che, da questa parte del continente, di qua dal mare, abbiamo cominciato a parlarne.
E si sente di tutto.
C’è chi ha deciso di stare con voi e chi, inguaribilmente amante dello status quo, tifa per un vostro ammorbidimento. Lo considera naturale, dice che tutto finirà per decantarsi da solo.
Ho saputo che la Commissione di garanzia vi ha intimato di rivedere la vostra delibera sull’astensione. E’ solo un caso che l’estensore sia un vecchio Pubblico Ministero?
Comunque, come ti dicevo, da queste parti… parliamo. Ovviamente ho sentito anche dire che la vostra proverbiale “testa dura” alla fine potrebbe persino avere la meglio ed essere da traino per gli altri che stanno alla finestra.
Non ti nascondo che mi avete spiazzato! Il riferimento che avete fatto alla “difesa di principi costituzionali” mi ha colpito.
Ma in effetti solo leggendo l’art. 24 della Costituzione c’è da capire perché vi siete tanto arrabbiati.
“tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti…”, sì ,certo, ma se poi l’accesso alla giustizia diventa un percorso di guerra hai voglia a declinare la Costituzione! Se la Giustizia diventa accessibile solo ai ricchi la Costituzione piange!
Vai avanti nella lettura e trovi che “la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” , poi incontri davanti al Tribunale il giovane collega che con dignità e sacrificio veste la Toga della difesa d’ufficio e ti mostra tra le mani un decreto di liquidazione di 50 euro per un’udienza per la quale ha studiato due giorni.
Ah.. se poi fai un salto di un centinaio di articoli arrivi al 111! Processo equo in condizioni di parità! Ma come fa ad essere equo un processo nel quale chi decide svolge lo stesso percorso di carriera di chi accusa? Viene magari giudicato ,in una commissione disciplinare promiscua, da chi per funzione accusa. E viceversa. E l’autonomia? E la libertà da ogni condizionamento? Un mistero, ma di quelli grossi, enormi. Un mistero della fede (perdonami la f minuscola..).
Insomma capirai che da queste parti, anche se molti con forme di esasperato snobismo, tifano per il vostro fallimento io invece mi sento un po’ impotente.
Vorrei essere lì con te. Magari finirà che prendo una nave, una barca a vela così sarà il vento a spingermi dalle tue parti. Sono romantico, dici, e invece c’è bisogno di azione?? Già, hai proprio ragione! Ma forse mi sono arrugginito col tempo, e lo sforzo tuo e degli altri amici mi ha generato un profondo senso di colpa.
Ora ti lascio. Perdonami se ho scelto di scriverti, forse ti aspettavi qualcosa di diverso da una semplice lettera di incoraggiamento. Chiuderò la busta e mi sentirò in colpa perché forse dovrei fare come te. E chi può dire che, andando avanti, non ne trovi il coraggio? Intanto ti abbraccio. Abbracciami tutti gli altri e mandami tue notizie appena potrai.

Tuo,Francesco.