martedì 8 settembre 2015

Il diritto di Meredith Kercher








Meredith è nella pace. Una dimensione dove non c’è più posto per il dolore.
Ma Meredith ha vissuto troppo poco, è stata rapinata della sua vita e una parte di lei è rimasta inevitabilmente legata a concetti  terreni come il diritto ad avere giustizia per chi è vittima innocente di un torto.
La sua pace, comunque, non può azzerare questa pretesa terrena di sapere.
Ieri la Corte di Cassazione ha sancito in modo inequivocabile l’innocenza di altri due ragazzi accusati di aver concorso nell’omicidio di Meredith.
Amanda Knox e Raffele Sollecito sono innocenti e dunque estranei ad ogni possibile rimprovero per l’uccisione di Meredith. Occorre avere ben chiaro in mente questo. Senza tentennamento alcuno, perché il nostro ragionamento è su base interamente “terrena” e la giustizia alla quale ci riferiamo e, all’evidenza, quella degli uomini.
Non solo è stato affermato che i due ragazzi sono innocenti, ma che l’indagine è stata colpevolmente omissiva. I processi che si sono susseguiti viziati da errori madornali e dunque gli uomini hanno sbagliato nel mandare e poi trattenere in carcere due innocenti ed hanno sbagliato, nel contempo in danno di Meredith perché l’hanno privata della giustizia alla quale aveva diritto.
Un’altra sentenza della Cassazione ha stabilito definitivamente che Rudy Guede non uccise da solo, ma con altri.
In conclusione: la Giustizia degli uomini ha sancito che esistono altri colpevoli in libertà e che Meredith non ha avuto giustizia.
Sarà difficile, adesso, dopo anni di indagini sbagliate ,reperti perduti o inquinati che si possa risalire al “concorrente mancante”.
Quel che resta di Meredith su questa terrà, forse, non avrà mai giustizia.
Non nel senso che sia affermata la penale responsabilità di chi ha concorso nella sua uccisione. Ma forse un po’ di Giustizia può essere ugualmente assicurata perseguendo chi, a vario titolo, con negligenza e imperizia, ha sbagliato lungo la strada della ricerca delle verità.
Meredith nella sua pace forse non si curerà di tutto ciò ma noi abbiamo il dovere di pretenderlo!



lunedì 7 settembre 2015

Separazione delle Carriere: il lapsus di Violante.


Nella sua lunga intervista a “il Foglio” apparsa sabato, Luciano Violante, un tempo maitre a penser di certa magistratura combattente, alla domanda circa la prospettiva della separazione delle carriere in magistratura ha risposto che non è un’ opzione praticabile, perché “avremmo due corporazioni invece di una”.
Violante, da qualche anno, invero, assai bipartizan, non si è accorto che così rispondendo ha finito per dare una risposta contraria ai suoi desiderata diventando involontariamente sponsor proprio di ciò che osteggia.
Un’unica “corporazione” che ingloba al suo interno chi accusa e chi decide è innaturale.
Il corollario di tale innaturalità è che chi accusa si trova spesso a decidere della progressione in carriera di chi giudica, nell’ambito di consessi a composizione mista.
Ucpi ha nel suo DNA la separazione della carriere perché i penalisti sperimentano ogni giorno, sul campo, le derive più perniciose di tale commistione.
E’ arrivato il momento di andare oltre la denuncia del problema, oltre la critica serrata alla “inattuazione” del principio costituzionale di “parità delle armi” rispetto al giudice terzo.
Dalla nostra capacità di interloquire ,ora, direttamente con la gente e condurre in prima linea questa battaglia di civiltà giuridica saremo giudicati
dalle nuove generazioni.
Esistono “buone battaglie” che vanno combattute comunque e sempre.
La battaglia per il giudice terzo ed autonomo dall’accusatore deve tornare ad essere il nostro faro, la nostra missione.
Per questa battaglia varrà la pena impegnare ogni energia, con ritrovata unità! Il resto dipenderà solo dalla nostra capacità di volere.

venerdì 10 aprile 2015

Note a margine di una tragedia. Una legge da rivedere.

E' sempre difficile trattare aspetti giuridici quando il dramma contingente di una strage immane e crudele si presenta nella sua attualità dolorosa. Eppure occorre sottolineare come oggi, la crisi economica che vive il nostro Paese e che con le aziende colpisce,inevitabilmente, le persone , diventa spesso causa di disperazione.
Disperazione che mai può giustificare reazioni inconsulte, ma che è bene però conoscere e,se possibile, evitare per il futuro. Oggi nella quasi totalità dei casi il fallimento comporta un processo per bancarotta, quasi una conseguenza inevitabile. Un delitto che prevede pene ,forse, troppo alte (la forbice edittale è da tre a dieci anni). Una certa minoritaria giurisprudenza aveva tentato, di recente, di richiedere quanto meno la volontà nel causare il dissesto. Giurisprudenza ignorata. Si è tornati ,per certi versi, a un quasi automatismo tra dissesto,fallimento e successiva condanna per bancarotta. Forse è arrivato il momento di porre mano ad una seria modifica della legge fallimentare, modifica che tenga conto non solo della contingenza oggettivamente difficile per le aziende ma che esalti la penale responsabilità per condotte realmente e consapevolmente tese al conseguimento del dissesto.

mercoledì 25 marzo 2015

La nuova prescrizione spiegata al mio barbiere.


-Avvocato, è passata la nuova prescrizione. Finalmente i processi si potranno fare e non saranno cestinati. E’ una buona notizia vero?
-Dipende..
-Come dipende?
-Intanto aspettiamo cosa deciderà il Senato, ma comunque non è una buona cosa. Non secondo me.
-E perché’ non sarebbe giusto fare i processi?
-Certo che è giusto! Ma li devi fare in un tempo ragionevole come dice la Costituzione. Aspetta, ti faccio un esempio. Tu sei juventino,vero?
-E certo. E voi siete milanista e state dietro. Molto dietro!
-Vabbè lascia stare… allora tu sei juventino. Mettiamo che per avventura, la Juve stia perdendo al 90° e l’arbitro deve fischiare la fine della partita…ma mettiamo per sola ipotesi, perché mi pare impossibile che quest’anno possiate perdere….allora diciamo che in tal caso la partita continua finchè non la riaggiustate..
-Ottimo!-
-Ma che ottimo? A un certo punto deve finire questa partita!
-Effettivamente avvocato…
-Appunto. E invece non finisce e dura finché non si ottiene un determinato risultato. Andrebbe bene secondo te?
-Ok, diciamo di no. Ma che c’entra coi processi?
-C’entra c’entra. Vedi la costituzione dice che uno non può essere processato a vita. I processi devono avere una durata “ragionevole”. Se non sei in grado come Stato di farli durare il giusto non puoi pretendere di processare la gente in eterno. Invece questa nuova prescrizione che tanto ti piace prevede tempi di recupero extra. Tutto si allunga, insomma.
-E quindi se mi capita un guaio devo stare ad aspettare i comodi loro?
-Più o meno.
-Però almeno così i cattivi li processiamo?
-Ma un cattivo lo sai che è cattivo quando finisce un processo, non è che puoi andare a simpatia, Antonino!
-No, per simpatia no.
-Appunto. Il problema è che lo Stato deve essere in grado di far funzionare la macchina della giustizia, se non riescono a rispettare i tempi assumano nuovi magistrati, recuperino quelli che se ne stanno nei ministeri invece che nei tribunali, ma non si può allungare sempre l’elastico solo perché sono organizzati male, ti pare?
-E mi pare si.
-Ecco, allora pure a te non piace questa nuova prescrizione. Ed ora fammi leggere il giornale..