sabato 16 febbraio 2013

Anch'io sono Grecia!






Confesso: sono di parte. Ho amato in Grecia e pertanto amo la Grecia per proprietà transitiva.
Ne amo i colori, l’humus,l’odore. Amo la cultura e l’umanità apparentemente isolata in mezzo mare che la circonda per intero e la rende solida tra il fluttuare dell’acqua. Sono richiami ancestrali. Li senti se li senti. C'est un affaire privè.
La Grecia è caduta! Lo leggo in questi giorni in bollettini semi-clandestini. E’ come se l’Europa avesse paura del suo stesso fallimento e relegasse la “verità” al segreto impronunciabile. La disoccupazione sfiora ormai il 30% del totale. Di questo 30 il 60 sono giovani. Quando neghi il futuro ai giovani non hai futuro. I tutori franco-tedeschi che hanno succhiato il midollo dei greci imponendo vendite di armi inutili ora si ritrovano a riscuotere capitali  e interessi in lacrime e sangue.
Il costo energetico è balzato alle stelle e per riscaldarsi ad Atene bruciano talmente tanta legna che l’inquinamento è ormai emergenza. La Caritas internazionale ha segnalato il pericolo di malnutrizioni tra i bambini. La chiamiamo Europa ma è già terzo mondo.
Io non posso immaginare l’Europa senza la Grecia. E se l’Europa uccide la Grecia,tanto meglio che muoia l’Europa. Ma io,ripeto,sono di parte. Ho la faziosità del sentimento, non posso arrendermi alla logica dei numeri. E poi: che logica c’è nei numeri quando non moltiplicano ma sottraggono? E’ una logica pauperista, una cattiva logica.
E noi italiani, in tutto ciò , che ruolo abbiamo? Parteggiamo per il fratello in difficoltà o diamo manforte alla logica della sottrazione? Come se fossimo talmente forti da non dover temere di essere noi stessi i prossimi deboli da sottrarre. Stolti! Avventati!
Spero che gli spiriti liberi decidano di ribellarsi a questa Europa dei contabili che se ne frega della Storia, del sentimento, del cuore.
E spero che questi spiriti liberi possano uscire dalla clandestinità e rompere le barriere del silenzio complice.


                                                            
(fam,febbraio 2013)

lunedì 11 febbraio 2013

Un Papa che se ne va; prima della morte.



Un Papa che se ne va,prima della morte.


Ci sono avvenimenti nella storia dell’Umanità che ci lasciano spiazzati, ancor di più quando,rispetto ad essi, non abbiamo il termine di paragone esperienziale, il precedente al quale richiamarci. Fatti talmente innovativi (rectius:originali) che finiscono per essere vissuti, in prima battuta, con tutta la forza dell’impatto senza  protezione.          
Per me questo è stato, oggi ,l’annuncio della rinuncia di Benedetto XVI al soglio pontificio. Le sue annunciate “dimissioni” per il prossimo 28 febbraio sono state un colpo senza alcuna cortina difensiva. Un colpo assestato e incassato in pieno.
Premetto che amo questo Papa come può amarlo solo un teologo. Joseph Ratzinger è uno studioso attento e carismatico della Storia della Chiesa. Autore di opere mai di maniera, mai banali. Intelligente esegeta del “Cristo storico”, dotato di scrittura brillante, comunicativa e ricca di spunti per la riflessione e lo studio.
Le “dimissioni di un Papa” sono , di primo acchito, concettualmente improponibili. Il detto “morto un Papa se ne fa un altro” è  talmente comune da diventare ,nella  sua ricorrenza, vera e propria parafrasi utilizzabile per significare che la vita continua ma,anche,che solo la morte si porta via un Papa.
Oggi con Benedetto XVI facciamo i conti con l’esatto contrario del secondo segmento assiomatico: un Papa se lo porta via anche la sua stessa volontà, non occorre attenderne la morte.
Dire che tutto ciò è normale è ,ovviamente,impossibile. Non è normale. Non solo, non è neanche facilmente comprensibile.
Le prime motivazioni che lo stesso Benedetto ha evidenziato sono “l’età avanzata” (86 anni..) e “lo stato di salute”.
Chiaro che l’età di per sé stessa poco dice visto che solitamente “si muore da Papa”, ma anche lo stato di salute non appare , ora che le immagini scorrono sui Tg di tutto il mondo, come quelle che, senza andare molto indietro nel tempo, erano i fotogrammi della evidente sofferenza di Giovanni Paolo II°.
Da cattolico non posso che fermarmi,però, sul limite stesso del rispetto. Rispetto per questa decisione così ..originale. Per noi credenti e osservanti, il Papa agisce con l’assistenza dello Spirito Santo. Lo Stesso Spirito Santo che certamente restò accanto al primo papa,Pietro, durante il martirio sulla croce romana c’è da augurarsi sia stato oggi accanto a Benedetto, asseverando la sua scelta.
E’ questo che si chiede a noi cattolici. Non solo il rispetto per il gesto di libertà dell’ uomo, ma,  di più, la totale rimessione (da rimettersi..) alla volontà dello Spirito. Speriamo,pertanto, che Benedetto sia stato e sia assistito dallo Spirito del Padre. A noi la grazia dell’umile preghiera per noi ma anche per lui, per l’uomo Joseph Ratzinger.


francesco antonio maisano

sabato 9 febbraio 2013

Virtuosi e ....infelici.



Virtuosi e infelici. 


Non mi entusiasma questa campagna elettorale. Ormai, da tempo, si è abusato della mia personalissima capacità di sopportazione. Ogni volta mi interesso sempre meno a questo tipo di  competizioni. Avendo il privilegio di non avere sponsorizzati né sponsor, pertanto trovandomi in una di quelle situazioni ideali che sono solite definirsi “di libertà”, proverò a riflettere su un aspetto sul quale mi sono imbattuto stamattina presto.
Un articolo recitava: “Il livello dei consumi è tornato a 50anni fa!” Qualcuno tra i miei conoscenti, che auspica da sempre un ritorno alla frugalità, potrebbe a questo punto lasciarsi andare ad un “Evviva!”. Eppure le cose non stanno esattamente così, non possiamo ridurle così. Non si tratta di “scegliere” la frugalità, è che non possiamo permetterci più il consumo. Siamo ormai entrati nell’era de “i conti prima di tutto”. Il pareggio di bilancio è principio ormai sancito a chiare lettere e i popoli devono mettere ordine ai conti, seguirà il benessere nella misura in cui i conti lo permetteranno.
Ad una sessione di economisti il principio parrebbe talmente ovvio da non dover essere nemmeno ricordato, prima di ogni intervento. Noi siamo la giusta proporzione tra introito e uscita. Nessuna digressione a questo totem numerico. Nessuna fantasia che sarebbe bollata come eversiva o,peggio, rivoluzionaria.
Insomma la logica della nostra vita è ricondotta all’esercizio dell’attività bancaria: ti darò questo se tu puoi restituirmi quello. Il resto è tabù.
Ebbene, dopo attenta riflessione cedo che questo principio sia destinato a trasformarci in contabili della nostra esistenza. Senza il minimo spazio per la fantasia. Siamo virtuosi, ma fondamentalmente infelici. Viviamo per il Sabato e non viceversa. Qualcuno potrà dire che la mia visione è nichilista, forse addirittura anarchica. Non mi offendo. Forse me lo merito anche. Eppure credo che quanto oggi appare anarchico domani sarà volontà diffusa. Se “questa” Europa a trazione germanica ci impone una logica restrittiva che diventa però espansionistica per il padrone, allora qualcosa non va, ed è ora di rivederla. Perché se non saranno i governi a capirlo allora ci penseranno i popoli. Se la virtù dei conti è l’infelicità del vivere attraverso la frustrazione del desiderio allora non c’è virtù. Solo apparenza contabile.
Ci metteranno fuori dal contesto europeo? E’ possibile. Ma col tempo che ne sarà di un’Europa spietata che impone il sacrificio come unica ricetta per favorire i grandi a discapito dei piccoli? Credo che la frustrazione del desiderio non sia connaturata all’uomo. Pensare l’opposto è follia. Finiranno col cacciare il Sud dell’Europa? Penseranno di fare a meno di Spagna,Grecia e Italia? E’ possibile. Ed al momento ho una sola risposta: all’olio dei motori tedeschi preferisco l’olio d’oliva. L’insalata ha più sapore!

francesco antonio maisano