giovedì 18 dicembre 2014

E' colpevole. L'hanno detto al Talk Show!





Torquemada le streghe le faceva bruciare in piazza affinchè tutti vedessero.
Poco importa che le confessioni di migliaia di sventurate fossero state estorte, nell’oscurità,  con la tortura. L’esibizione pubblica della punizione illuminava il raggiungimento del fine: l’esempio!
Passa qualche secolo e le streghe bruciano ancora.
E le confessioni si perseguono nel segreto con la negazione del diritto di difesa, alla ricerca di una punizione esemplare da esibire.
Il 15 dicembre scorso è entrato in vigore il Nuovo Codice Deontologico degli Avvocati italiani.
L’art. 18 ci fa divieto di violare in qualsiasi modo e maniera il segreto di indagine. Oltre al reato, già esistente, si aggiunge ora una regola deontologica chiarissima. C’è anche da dire che noi avvocati, solitamente, siamo tra gli ultimi ad avere a disposizione gli atti di indagine. Deve pur esserci una maglia allargata da qualche altra parte se è vero che all’indomani dell’esecuzione di un provvedimento cautelare gli atti di indagine a sostegno compaiono integralmente in  rete.
Si persegue il responsabile? Non sia mai! Mai accaduto!
Ed è così che dalla TV , già in prima serata, gli italiani possono conoscere in un profluvio di fotocopie inquadrate dalle telecamere, l’intercettazione di Tizio o l’interrogatorio di Caio.
Tutto viene debitamente esaltato dall’inquadratura ad effetto  ed un frammento procedurale diventa all’istante “verità e sentenza passata in giudicato”.
E’ un’orgia mediatica dove, senza esclusione di colpi, lo scoop è il valore da perseguire, il trofeo da conquistare.
Una volta che il gioco parte, non lo si può più fermare e tutto funziona “al rialzo”.
L’indagata da bambina non frequentava il catechismo? Brutto segno! Cresciuta un pochino cominciò a tatuarsi? Chiaro sintomo di colpevolezza futura!  La foto su facebook la ritrae bizzarra mentre fa linguacce? E’ si-cu-ra-men-te colpevole!
L’ordalia ha inizio con la compartecipazione di tutto il circo dei piccoli orrori.
Criminologi, esperti vari in attività o in pensione, studiosi della mente e qualche cattedratico astrologo chè non guasta mai.
Venghino, signori al Processo! Tendenzialmente sempre contro l’indagato di turno.  A fine serata siamo già pronti a scegliere la condanna, le eventuali attenuanti (molto eventuali..) e la pena da infliggere.
Certo pretendere che la “logica dello share” a tutti i costi possa fermarsi è illusorio ma l’elaborazione di un codice etico, condiviso almeno tra gli addetti ai lavori (magistrati,avvocati,periti,consulenti), potrebbe essere un buon inizio.
E se lavorassimo tutti insieme per conquistare e promuovere questo principio minimo di civiltà?
L’invito è fatto!



Francesco Antonio Maisano

    penalista in Bologna

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