Torquemada
le streghe le faceva bruciare in piazza affinchè tutti vedessero.
Poco
importa che le confessioni di migliaia di sventurate fossero state estorte,
nell’oscurità, con la tortura.
L’esibizione pubblica della punizione illuminava il raggiungimento del fine:
l’esempio!
Passa
qualche secolo e le streghe bruciano ancora.
E le
confessioni si perseguono nel segreto con la negazione del diritto di difesa,
alla ricerca di una punizione esemplare da esibire.
Il
15 dicembre scorso è entrato in vigore il Nuovo Codice Deontologico degli
Avvocati italiani.
L’art.
18 ci fa divieto di violare in qualsiasi modo e maniera il segreto di indagine.
Oltre al reato, già esistente, si aggiunge ora una regola deontologica chiarissima.
C’è anche da dire che noi avvocati, solitamente, siamo tra gli ultimi ad avere
a disposizione gli atti di indagine. Deve pur esserci una maglia allargata da
qualche altra parte se è vero che all’indomani dell’esecuzione di un
provvedimento cautelare gli atti di indagine a sostegno compaiono integralmente
in rete.
Si persegue
il responsabile? Non sia mai! Mai accaduto!
Ed è
così che dalla TV , già in prima serata, gli italiani possono conoscere in un
profluvio di fotocopie inquadrate dalle telecamere, l’intercettazione di Tizio
o l’interrogatorio di Caio.
Tutto
viene debitamente esaltato dall’inquadratura ad effetto ed un frammento procedurale diventa all’istante
“verità e sentenza passata in giudicato”.
E’
un’orgia mediatica dove, senza esclusione di colpi, lo scoop è il valore da
perseguire, il trofeo da conquistare.
Una
volta che il gioco parte, non lo si può più fermare e tutto funziona “al
rialzo”.
L’indagata
da bambina non frequentava il catechismo? Brutto segno! Cresciuta un pochino
cominciò a tatuarsi? Chiaro sintomo di colpevolezza futura! La foto su facebook la ritrae bizzarra mentre
fa linguacce? E’ si-cu-ra-men-te colpevole!
L’ordalia
ha inizio con la compartecipazione di tutto il circo dei piccoli orrori.
Criminologi,
esperti vari in attività o in pensione, studiosi della mente e qualche
cattedratico astrologo chè non guasta mai.
Venghino,
signori al Processo! Tendenzialmente sempre contro l’indagato di turno. A fine serata siamo già pronti a scegliere la
condanna, le eventuali attenuanti (molto eventuali..) e la pena da infliggere.
Certo
pretendere che la “logica dello share” a tutti i costi possa fermarsi è illusorio
ma l’elaborazione di un codice etico, condiviso almeno tra gli addetti ai
lavori (magistrati,avvocati,periti,consulenti), potrebbe essere un buon inizio.
E se
lavorassimo tutti insieme per conquistare e promuovere questo principio minimo
di civiltà?
L’invito
è fatto!
Francesco
Antonio Maisano
penalista in Bologna
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