Sono
con i colleghi avvocati di Cagliari! Hanno iniziato una battaglia importante,
difficile, totale.
Non
è facile deliberare un’astensione ad oltranza dalle Udienze! Ancor più
difficile mantenerla nel tempo. Ma le sfide, quando nascono piccole, se le
porta il primo vento che passa. Quelle più ambiziose possono sì fallire, ma se
riescono segnano cambiamenti epocali.
L’avvocatura
italiana è ormai mortificata da una legislazione che ha fatto della Giustizia
un affare per ricchi. I ceti meno abbienti sono sacrificati sull’altare di una
politica economica dissennata che vuole “guadagnare” anche sui diritti, magari
tagliando le voci di spesa.
Ma
un Paese dove l’accesso alla Giustizia è disseminato di ostacoli non è un Paese
civile, né Giusto!
Sono
un penalista, non potrei tacere su quello che è l’equivoco che si protrae da
sempre: Giudice e Pubblico Accusatore non possono, non devono più camminare
insieme nell’accesso alla carriera, nella progressione della carriera, nella
condivisione dei meccanismi di carriera.
Il
“processo equo” si realizza solo nella assoluta equidistanza tra i soggetti
processuali. Il Giudice non può e non deve compartecipare in alcun modo della
vita professionale dell’Accusatore e viceversa. Invece oggi la promiscuità
all’interno del CSM determina vicinanze che sono perniciose per la stessa idea
sacrale di “terzietà”.
La
separazione delle carriere deve essere attuata senza tentennamenti, senza
addolcimenti, senza mediazioni di sorta.
Il
cittadino giudicato deve sapere che, al di là della dialettica, del conflitto
naturale tra difensore e accusatore, il
Giudice è solo, autenticamente solo, con la sua coscienza, in autonomia e
libertà! Libero da interdipendenze e
connessioni di sistema. Giudice al di sopra di ogni sospetto.
La
nuova battaglia per una Giustizia Giusta non potrà mai prescindere da questo. Senza questo passaggio obbligato saranno solo
parole, talmente inutili che se le porterà via il primo vento di passaggio.
(fam)
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