venerdì 9 marzo 2012

Di Gesù di Nazareth che fu (anche) insigne penalista.

L’evangelista Giovanni, che fu testimone oculare diretto degli avvenimenti storici che caratterizzarono la vita terrena di Gesù di Nazareth, ci tramanda la mirabile difesa operata dal suo Maestro in occasione di un pubblico giudizio a carico di una donna non meglio identificata.

Il capitolo 8 del suo Vangelo, versetti 1-11, è interamente dedicato all’arringa difensiva che Gesù pronunciò in difesa di una donna gerosolimitana accusata di adulterio.

Resta del tutto incerta l’esatta identità della donna, ed ogni tentativo postumo di identificarla con Maria di Magdala è priva di fondamenti certi.

La donna è tratta davanti al Tempio per essere immediatamente lapidata, attesa la disposizione mosaica che tale pena prevedeva nel caso di adulterio conclamato.

La presenza nel luogo di Gesù spinge gli uomini di legge (farisei e scribi) ad interpellarlo circa l’esattezza di quanto si stanno apprestando a fare.

Gesù di Nazareth, viene ricordato da Giovanni mentre è intento a “scrivere col dito sulla sabbia”.

Nelle epoche successive ci si è letteralmente accaniti ,senza alcun risultato plausibile, nel tentativo di comprendere cosa mai avesse potuto tracciare, col dito sulla sabbia, il giovane nazzareno.

La sabbia, destinata a cancellare ciò che viene scritto su essa, non potè certo tramandarci alcunché al riguardo, e nemmeno ,del resto, apparire leggibile per chi non fosse accanto allo scrittore. Peraltro lo stesso Gesù, subito dopo avere scritto sulla sabbia cancellava ogni cosa con la mano.

Sappiamo dunque che egli..scriveva. E cancellava subito dopo.

Prendeva appunti? Indicava con quel gesto un qualcosa che facesse immaginare ciò che pensava?

Inutile dilungarsi. La cancellazione è ciò che rimase, degli scritto nulla sapremo mai.

Sappiamo però che un primo tentativo operato dagli scribi di ottenere da lui un parere su cosa fosse giusto fare alla donna, rimase senza risposta.

Gesù si fa attendere. Forse che aveva bisogno di ponderare il suo intervento? O forse che quella pausa,in realtà, non fosse uno strumento per concentrare maggiormente su di sé l’attenzione degli astanti? Un po’ come quando il penalista,prima di iniziare la sua perorazione finale, si affida a gesti muti che catturano definitivamente l’attenzione del giudice. Si tocca la toga,l’aggiusta, liscia un pagina del codice. Insomma opera in un magico momento di preambolo ciò che è “l’affermazione del suo ruolo”.

E difatti il secondo invito non rimase senza risposta.

Smesso di scrivere sulla sabbia, Gesù,alla domanda su quale debba essere il destino della donna, pronuncia la sua arringa difensiva. La scelta ricade su un intervento di tipo rapido e risolutivo:

“Chi di voi è senza peccato,scagli per primo la pietra su di lei!”

Nessuno scagliò alcunché, secondo quanto scrive Giovanni e la donna fu lasciata libera di andare.

Gesù aveva scelto di ricorrere ad un’arringa non argomentativa, ma immediatamente risolutiva. Aveva personalizzato il capo d’imputazione rivolgendone il contenuto,esteso, a tutti gli astanti.

Chi è incolpevole del “tutto”,inizi ad eseguire la punizione del ritenuto colpevole per “l’uno”.

Sicuramente la scelta difensiva aveva dei rischi, non c’è dubbio alcuno! Scegliere la sfida secca piuttosto che puntare (ad esempio) sul dubbio richiedeva sangue freddo e una dose massiccia di affidamento sull’esattezza della scelta.

Che si rivelò vincente. Anzi, trionfale.

Ognuno degli astanti fu spinto ad una fulminea e “scabrosa” introspezione ad includendum. Il risultato ottenuto dal difensore fu che nessuno potè dirsi sostanzialmente diverso da chi intendeva punire. La sovrapposizione totale del giudice col giudicato fu un capolavoro assoluto di eloquenza.

Un mirabile esempio di come la difesa possa essere irresistibile se va direttamente al cuore del problema. Senza neanche lasciare all’avversario lo spazio di una replica.

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